Il disturbo psicosomatico, una soluzione psicologica e metafisica

Quando si parla di disturbo fisico, si ha la tendenza a considerare la patologia focalizzandosi sulla dimensione corporea. Errore commesso fin dall’antichità.

Platone fu il primo a sostenere come tante volte il disturbo fisico, trattato al tempo dai medici greci, non venisse risolto a causa di una mancata considerazione dell’anima, oltre che della dimensione corporea. 

Lo studioso, a suo tempo, ha per primo introdotto il concetto di anima, sostenendo che potesse essere curata attraverso degli “incantesimi”. 

Le stesse procedure apparentemente (o veramente!) magiche che ritroviamo nelle tradizioni precedenti, le quali ci riportano alla figura dello sciamano.

Questa figura, rispettata e temuta, curava  il suo popolo attraverso la spiritualità.

Vediamo dunque come si ritrovi sia nelle culture antiche, attraverso la figura dello sciamano, sia nelle opere di Platone, una duplice visione di malattia organica e di cura: quella inerente all’effettivo intervento fisico, e quella inerente all’anima della persona. 

Come mai si parla di sciamanesimo rispetto alle malattie psicosomatiche?

Stiamo citando procedure di un passato cosi lontano, perché nel mondo della medicina attuale, sempre di più affiancata alla psicologia, quando si parla di una somatizzazione, è necessario intervenire considerando l’uomo nella sua totalità. In questo modo è possibile orientarsi secondo un approccio fisico, mentale ed energetico. 

Quando si parla di approccio energetico si intende quel fattore orientato ad un 

riequilibrio esistenziale, metafisico, che terrà conto proprio del concetto di anima, enunciato da Platone . 

Arrivando all’origine della medicina psicosomatica attuale, dobbiamo rifarci primariamente a Freud, alla pratica dell’ipnosi e alla scoperta dell’inconscio.

Inconscio? Ipnosi? 

E’noto come vi sia ancora un po’ di resistenza a trattare la psicologia del profondo, sia nella comunità scientifica, che per le persone comuni, quando in realtà è proprio grazie a questa che posssiamo intervenire su sofferenze irrisolte del nostro passato.

Il disturbo psicosomatico infatti si ricondurebbe proprio alla manifestazione di un conflitto interiore  latente che l’individuo ha difficoltà a individuare e risolvere se non aiutato.

Gli effetti di questi aspetti irrisolti posssono essere le più  svariate somatizzazioni, delle quali ricordiamo le più frequenti: patologie della pelle, dell’apparato genitale, disturbi gastrointestinali intestinali, dolori alle articolazioni, percezione di sensi alterati, acufeni, emicranie e cefalee..

Analizzando questi fenomeni da un punto di vista metafisico, i due termini che definiamo fondamentali per definire il disturbo psicosomatico, nella sua essenza, sono: dolore ed energia.

Riguardo la “dimensione energetica” della mente è Heckard Tolle a spiegare in modo chiaro e innovativo cosa avverrebbe nelle dinamiche che hanno a che fare con il dolore, precisamente nella sua definizione di: “corpo di dolore”. […] 

Qualsiasi emozione negativa che non sia completamente confrontata e vista per quello che è nel momento in cui nasce, non si dissolve completamente. Si lascia dietro un resto di dolore.[…] 

I resti del dolore di una forte emozione negativa non affrontata, non accettata, e quindi non lasciata andare, si uniscono per formare un campo energetico che vive in ogni cellula del vostro corpo.

Campo energetico che questo studioso arriva a definire un’istanza semiautonoma, insinuata all’interno della nostra mente, un’intelligenza primitiva presente in noi che si strutturerebbe a partire dalle prime sofferenze che la persona vive, e che, per nutrirsi, andrebbe alla ricerca di energia di sofferenza simile, per frequenza, a quella vissuta nei primi anni.

In questo processo, molto importante diventa la relazione con gli altri.  

Alternativamente ,secondo il suo bisogno di saziarsi, questa sorta di “entità interiore” andrebbe ad approfittarsi di un contrasto, di un conflitto al fine di ritrovare una “energia di dolore”, simile a quella che ha conosciuto nelle sofferenze dell’età infantile e adolescenziale.

Inoltre, nel caso in cui la persona non si trovasse in relazione con altri, ma fosse sola, il corpo di dolore andrebbe a servirsi dei pensieri negativi, amplificandoli, per potersi nutrire dell’ “energia di sofferenza” che questi ultimi producono.

È importante sottolineare questa concettualizzazione, in quanto si lega ottimamente ad aspetti della psicologia del profondo e  ai presupposti delle più serie discipline olistiche. 

Per esempio Erick Berne, uno dei padri della psicanalisi, basandosi sugli studi del noto psicanalista austriaco Rene Spitz sulla deprivazione emotiva del bambino, ha scoperto che nell’età infantile, tutti noi, abbiamo un assoluto bisogno di ricevere stimoli, contatti, sguardi, parole anche senza senso, cioè vivere emozioni da parte delle persone con le quali si relaziona, tanto da accettare anche stimoli negativi, piuttosto che vivere la solitudine 

Citiamo un altro psicologo, Stefano Benemenglio, padre delle Discipline Analogiche, il quale a sua volta, studiando le leggi e le regole che governano i dinamismi emotivi, ha definito alcuni impostanti assiomi, che andiamo a citare, uno di seguito all’altro: 

“L’inconscio non distingue il bene dal male”, quindi: “La sofferenza è direttamente proporzionale all’assenza di gioia” e quindi: “Tu non sei malato, sei infelice!”.

Questo studioso sostiene che anche una somatizzazione, pur producendo dolore fisico ed emotivo, avrebbe senso, perché andrebbe a nutrire un inconscio che ha bisogno di attivarsi a livello emozionale senza distinguere la “qualità del cibo emotivo”.

Da quanto osservato fino ad ora è evidente come diversi importanti studiosi hanno dimostrato che esiste questa istanza della nostra mente, non cosciente, che va alla ricerca di tanta energia negativa tanto quanto noi non siamo stati in grado di apportare energia positiva. 

Arrivando ad un esempio concreto, nel momento stesso in cui un soggetto femminile permane in una relazione con un soggetto maschile, nei confronti del quale permangono dei forti risentimenti non rielaborati, potrebbero manifestarsi disagi a livello intimo, come un vaginismo, quale modalità per ostacolare il contatto con il partner stesso.

La stessa situazione avverrebbe nel caso di un ‘impotenza maschile o di un dirurbo da eisculazione precoce, laddove il significativo nascosto sarebbe. “Non mi concedo a te, soggetto femminile, visto che nei tuoi confronti si manifesta un mio conflitto interiore come maschio, che mi porta a paure, risentimenti o sensi di colpa”.

Il disturbo psicosomatico in questo caso è il prezzo da pagare, nel momento nel quale, a causa di conflitti interni, si accettano compromessi eccessivi nella relazione con gli altri, e non si riesce a esserne consapevoli e a lavorare su di essi.

Secondo gli studi dello psicologo già citato Stefano Benemeglio, è possibile individuare quale sia la problematica inconscia, partendo da dove è localizzata la  somatizzazione.

Ecco che tutte quelle forme di disagio psicosomatico accusato nella parte posteriore del corpo sono la conseguenza di risentimenti e rammarichi interiori non espressi, i quali hanno portato ad una diffidenza a perseguire i propri sogni. 

La causa di una somatizzazione alla schiena, si rifarebbe alla linea del cuore: dove si trova la dimensione sentimentale affettiva, l’amore, siccome non è davanti, sul petto, ma appunto dietro, il significato simbolico aggiuntivo, è quello relativo a una soffernza del passato (dietro = passato), che la persona teme di rivivere, se accettasse di lasciarsi andare e coinvolgersi.

Se il disagio fosse a livello lombare, indicherebbe che un passato di dolore e di risentimenti compressi e non espressi, ha impedito di vivere la passionalità e la sessualità.

Per esempio un dolore cervicale o alla nuca è l’effetto di un condizionamento vissuto in età infantile o adolescenziale e che nella vita adulta si ripropone ciclicamente, in quel processo che già Freud definiva: “coazione a ripetere”.  

Di conseguenza finché non verrà  risolto il conflitto alla  base,  si tenderà  a “nutrirsi” ancora oggi di condizionamenti, i quali, a loro volta, potranno, se in eccesso, essere la causa del disturbo psicosomatico.

Prendendo infine in considerazione le soluzioni, partendo da una prospettiva di psicoterapia breve espressiva, è necessario ricercare strumenti con i quali potersi autogestire nella liberazione delle compressioni energetico/emotive del passato, che ancora oggi si manifestano in noi.

Parallelamente o di seguito, possiamo certamente andare a lavorare a livello prettamente energetico.

Secondo la nostra tipologia di personalità andremo a scegliere pratiche legate allo yoga, al reiki, alla pranoterapia, alla meditazione, ma anche la preghiera stessa come esercizio spirituale importantissimo, per riequilibrare un mondo energetico che, come abbiamo visto, si collega a  conflitti irrisolti e a esigenze non appagate, sogni che abbiamo avuto paur a perseguire.

Citando S.Freud:

Le emozioni inespresse non moriranno mai. Sono sepolte vive e usciranno più avanti in un modo peggiore.

Una delle modalità peggiori nelle quali il vissuto emotivo non rielaborato, si ripropone, è quella del disturbo psicosomatico, perché attacca la salute dell’intero organismo, ma, la buona notizia è che oggi, a differenza dell’epoca del padre della psicanalisi, esistono tecniche sia nell’area della psicoterapia breve, che in quella olistica, che permettono una risoluzione in tempi brevi.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *